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Suffissi onorifici giapponesi

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Suffissi onorifici giapponesi Empty Suffissi onorifici giapponesi

Messaggio Da Mizuki Takahashi Dom Ago 24, 2014 1:41 pm

I suffissi onorifici giapponesi sono utilizzati ponendoli dopo il nome di una persona e attribuiscono il grado di confidenza o rispetto che si ha nei confronti della stessa; -san, -sama, -kun e -chan sono tipici suffissi onorifici usati nella lingua giapponese parlata.

Nella cultura e lingua italiana questo procedimento non è utilizzato; ciò che ci si avvicina di più è l'utilizzo del termine "signore" o "signora" nei confronti di persone estranee o ritenute importanti.

L'utilizzo dei suffissi è molto sentito all'interno di anime riprodotti in lingua originale con l'aggiunta dei sottotitoli, i cosiddetti fansub, in cui è comune lasciarli anche nella traduzione, cosa che non avviene nei doppiaggi, in cui vengono tradotti quando possibile, altrimenti eliminati: questo avviene di solito anche per le traduzioni ufficiali di altre opere come romanzi e manga.

Esempio:
In Italia, per rivolgersi ad una persona di nome "Roberto" con rispetto si può usare il termine "Sig. Roberto"; in Giappone si aggiunge il suffisso "-san", quindi si dirà "Roberto-san" (ロベルトさん?).
Se invece tale persona è molto importante, magari riveste un titolo di autorità, si usa il suffisso "-sama": quindi nel nostro esempio diremmo "Roberto-sama".
Mentre un amico italiano lo chiamerà semplicemente "Roberto", un amico giapponese lo chiamerebbe "Roberto-kun": i suffissi confidenziali sono quelli di più difficile traduzione.

Qui di seguito sono elencati i suffissi conosciuti:

san (さん?): utilizzato per indicare il rispetto nei confronti di qualcuno, come un collega di lavoro, un proprio superiore oppure uno sconosciuto a cui ci si rivolge in maniera educata, ma può essere utilizzato anche con persone con le quali non si ha un rapporto amichevole per pura formalità (andando ad assumere una sfumatura di distacco fra le due persone). Nella stragrande maggioranza dei casi è analogo al nostro "signore/a", ma vi sono anche contesti in cui una tale traduzione non corrisponderebbe affatto o sarebbe inappropriata (per esempio, a scuola non è raro che gli alunni si riferiscano ad un compagno dotato con -san, mentre da noi non avviene nulla di simile). In particolare, è usato dagli uomini per rivolgersi a donne, anche fra adolescenti, preceduto dal cognome, a meno che non ci sia una particolare confidenza (es. amici di lunga data, fidanzati o coniugi: in questo caso si usa il nome seguito dal -chan).
sama (様?): utilizzato per indicare il rispetto nei confronti di qualcuno che riveste un titolo importante o ha uno status particolarmente elevato, per esempio un primo ministro o un sacerdote, o il superiore sul lavoro. Il suffisso "-sama" viene usato anche per rivolgersi alle divinità: in giapponese, Dio è definito come Kami-sama. Nelle traduzioni italiane è spesso tradotto con aggettivi come "onorevole" (come è anche avvenuto in passato in film e romanzi), oppure "venerabile" o "rispettabile", ma a seconda dei casi potrebbe essere reso con svariati appellativi, da un "maestà" per un re ad ancora "signore" per un politico, a seconda del contesto.
dono (殿?): versione "superiore" al -san (ma non corrisponde al -sama), molto formale e utilizzato quando si ha un rispetto davvero elevato verso una persona.
shi (氏?): versione intermedia fra il -san e il -sama, utilizzata prevalentemente verso ristretti ambiti professionali come fra ingegneri o avvocati.
kun (in kanji 君, in hiragana くん?): uno dei suffissi più diffusi, utilizzato tra ragazzi e amici per indicare una certa forma di rispetto, o da un adulto verso una persona molto più giovane come segno di confidenza. Può essere rivolto da un ragazzo anche alle ragazze ma questo caso è più raro. Può essere utilizzato da un anziano o adulto per rivolgersi a giovani di entrambi i sessi. È utilizzato anche in ambito lavorativo.
chan (ちゃん?): utilizzato come vezzeggiativo, propriamente verso i bambini con i quali nel linguaggio occidentale corrisponderebbe all'appellativo "piccolo/a" o ad un diminutivo (es. Carletta, Luigino). Può però (ed è diffusissimo in tal senso) essere utilizzato anche fra persone adolescenti o adulte e in questi casi indica forte amicizia e confidenza, come per esempio fra amiche di scuola, ma può indicare anche affettuosità e un certo grado di intimità, come fra coppie o fra parenti più grandi verso parenti più piccoli (es. la madre al figlio). Generalmente si utilizza più spesso e con connotazioni meno strette fra ragazze, mentre se usato da un ragazzo per rivolgersi ad una ragazza non parente è più probabile che indichi che vi sia un rapporto particolare fra i due (es. fidanzati o amici d'infanzia), altrimenti i ragazzi chiamano le ragazze (per esempio le compagne di scuola) con il cognome seguito dal -san, ed anch'esse chiameranno i maschi per cognome (spesso con il -kun), mentre è comune chiamarsi per nome fra persone dello stesso sesso. Fra amici maschi è più raro e ha prevalentemente sfumature scherzose o ironiche o deriva da una lunga amicizia. Rivolto ad un uomo può però anche risultare offensivo. Utilizzare -chan con persone adulte che si conosce appena può essere visto come scortesia. Viene utilizzato anche per gli animali domestici. Il -chan può essere usato anche dopo un'abbreviazione del nome.
tan (たん?), chin (ちん?), rin (りん?): storpiature infantili di -chan, raramente utilizzate da bambini più grandi; persino fra adulti possono avere connotazioni ironiche o vezzeggiative esagerate, e in alcuni casi possono essere considerati non molto educati.
sensei (先生?): significa "professore", "maestro" (in ogni senso) o "dottore". Propriamente non è un suffisso, ma in alcuni casi il suo utilizzo associato ad un nome lo rende analogo ad essi (es. Denegawa-sensei, il professor Denegawa o il dottor Denegawa), seppur spesso sia utilizzato anche da solo.
senpai (先輩?): indica un compagno o collega più anziano o superiore di grado che merita considerazione e rispetto, e non ha corrispettivi nella lingua italiana risultando intraducibile direttamente. Anche in questo caso non si tratta propriamente di un suffisso e spesso è utilizzato da solo, ma il suo utilizzo accostato ad un nome è simile (es. Izumi-senpai, il senpai Izumi). È utilizzato quindi sul lavoro, oppure a scuola per indicare un alunno di una classe maggiore. Inversamente al senpai vi è il kōhai (後輩?), cioè un compagno o collega più giovane ed inesperto, ma questo termine raramente viene utilizzato accanto ad un nome.

Famiglia
oniisan e oneesan: fratellone o fratello maggiore e sorellona o sorella maggiore. Derivano dai termini propriamente detti per indicare il fratello e la sorella maggiori, ani e ane. In una famiglia sovente si utilizzano questi termini al posto del nome quando ci si rivolge ad un fratello o ad una sorella maggiore, e possono essere utilizzati come suffissi. Possono essere utilizzati anche verso fratelli e sorelle maggiori appartenenti ad altre famiglie come forme di cortesia. Si può aggiungere una "o" prima della parola (per esempio oniisan) per indicare una maggiore cortesia, ma questo avviene se la parola è usata da sola e non come suffisso. Senza la "o" si può usare "niisan" o "neesan" anche come suffisso dopo il nome. Per indicare un fratello o una sorella maggiore si può utilizzare anche oniichan/niichan e oneechan/neechan, ma questo è più informale e il fratello/sorella maggiore in questione potrebbe offendersi per l'utilizzo del "chan"
otouto e imouto: fratello minore e sorella minore. Non ci sono suffissi per indicare un fratello o una sorella minore, però, se c'è molta distanza di età, il fratello/sorella maggiore può accompagnare il nome proprio del fratellino/della sorellina con il suffisso "-Chan".
nii e nee: sono abbreviazioni di "niisan", "niichan", "neesan" e "neechan", si usano come i suffissi, quindi, dopo il nome. (Es. Roberto-Nii)
ojisan e obasan: zio e zia.
ojiisan e obaasan: nonno e nonna.
otōsan e okaasan: papà e mamma.
Per tutti questi suffissi esistono anche le varianti con il -chan o il -sama al posto del -san, utilizzate a seconda del grado di cortesia e di confidenza. Per esempio oniisama e oneesama sono molto formali e in genere si utilizzano in famiglie di rango elevato con una ferrea educazione.

Va notato che molti bambini utilizzano questi termini verso qualsiasi persona più grande anche al di fuori del contesto familiare, piuttosto che utilizzando il cognome seguito dal -san, basandosi sull'età "apparente" della persona in questione. Ad esempio, una donna adulta è probabile che venga chiamata "zia", un anziano "nonno" (senza connotazioni dispregiative come potrebbe risultare in italiano), una ragazza più grande "sorellona" ("neesan" o "neechan", preceduto o meno dal nome). In alcuni casi sporadici anche degli adulti possono utilizzarli in maniera analoga, ma in base a precisi rapporti che spesso dipendono dal contesto particolare e da quello che sarebbe il punto di vista di un bambino. Per esempio, un adulto che entrasse in un negozio nel quale ha una certa familiarità potrebbe chiamare "zio" il gestore. In altri casi potrebbe essere vista come una forma di scortesia, ed è sempre meglio utilizzare il normale suffisso -san di seguito al nome, oppure -sensei in caso di persone specializzate in una professione.

Da notare inoltre che per riferirsi ai propri familiari mentre si parla con altri, sono usati altri termini, come haha="mia madre", mentre quelli elencati qui sopra sono usati sia per chiamare direttamente i propri familiari (es. Otōsan!="papà!") sia per parlare dei familiari degli altri.
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Messaggio Da Mizuki Takahashi Dom Ago 24, 2014 1:46 pm

Senpai e kōhai
Senpai (先輩? pron. [se̞mpäi]) e kōhai (後輩? lett. primo ed ultimo compagno) sono termini della lingua giapponese che, in ambito prettamente scolastico, vengono ad indicare rispettivamente gli studenti più anziani e più giovani. Sono comunque molto utilizzati anche in ambito lavorativo, sportivo o, in generale, all'interno di ogni tipo di gruppo organizzato. Vengono a descrivere un rapporto personale (che può divenire anche molto stretto) che è presente in modo informale in tutte le forme organizzative e associative, club, aziende e scuole in Giappone[1][2].

Senpai è grosso modo equivalente alla nozione occidentale di mentore, mentre kōhai equivale approssimativamente a colui che si mette sotto l'ala protettiva del più grande: è quindi il pupillo, idealmente il discepolo. Il rapporto che viene ad intercorrere tra i due è strettamente interdipendente, l'uno difatti abbisogna reciprocamente dell'altro e ne trae vantaggio (il Senpai ad esempio guadagna valore e stima, potere e senso di responsabilità)[3].

Il concetto si basa eminentemente sulla filosofia giapponese, ed ha permeato fin dai tempi antichi di sé l'intera società[4]. Negli ultimi anni, questo tipo di rapporto è diventato piuttosto conosciuto anche in Europa e Nordamerica grazie a quegli anime e manga, ma anche dorama, che trattano di vita scolastica.

Si utilizza generalmente come termine di rispetto verso una persona più anziana o di grado superiore; in rare occasioni una persona più giovane può anche esser considerata Senpai di una più anziana in età, se le circostanze lo richiedono: ad esempio se una persona più grande è entrata in un'organizzazione o società in un momento successivo rispetto ad una più giovane.

Forma concettuale ed origine dei termini
Senpai si riferisce indicativamente a colui che risulta esser più esperto in un certo ambito, che può esser il membro che sta più in alto nella scala gerarchica, per livello di responsabilità od età: egli offre assistenza, amicizia e consulenza al “novellino” privo ancora del tutto d'esperienza[1][5].

Il kōhai deve di conseguenza dimostrar gratitudine, rispetto e, a volte (in certi ambiti) lealtà e fedeltà personale assoluta, al limite dell'idolatria[1][2].

Il senpai agisce simultaneamente come amico e tutore, insegnando al neofita quello che più ha necessità di sapere (riguardante i suoi compiti e doveri specifici ad esempio, all'interno della situazione in cui si viene a trovare), ma anche del comportamento più adeguato e corretto da tenere nelle varie situazioni: è un'autentica forma di disciplina sia esteriore che interiore.

Questa relazione è del tutto simile ai rapporti esistenti nella cultura occidentale tra un “custode” (mentore, tutore) ed il suo assistito, ma con la differenza che l'abbinamento Senpai-Kōhai necessariamente deve operare all'interno d'una stessa organizzazione[6]. Il legame si istituisce e vien determinato dalla data d'entrata in quello specifico gruppo sociale.

L'origine del rapporto sembra risalire agli insegnamenti dati dal confucianesimo e tramandati nelle generazioni; un insieme di dottrine morali e valori etici giunti fino in Giappone dall'antica Cina e subito segnalati come preminenti in vari aspetti della filosofia giapponese. Il rapporto tra Senpai e Kōhai è esclusivamente di tipo gerarchico verticale (come quello che può naturalmente presentarsi tra padre e figlio) e sottolinea il rispetto per l'autorità, l'anzianità e la presenza d'una catena di comando, eliminando qualsiasi tipo di competitività individuale a favore d'un rafforzamento interno dell'unità sociale costituita[2][5].

Nel corso del tempo questo meccanismo ha permesso il trasferimento d'esperienza e di saggezza (sia pratica che teoria) e l'espansione delle conoscenze al fine di mantener viva l'arte dell'insegnamento a due. Esso consente anche lo sviluppo d'esperienze proficue tra i due componenti il rapporto: il Kōhai risulta esser beneficiato fin dall'immediato dalla saggezza del più anziano; il Senpai a sua volta vien a far nuova esperienza che lo conduce verso una maturità più adulta, in quanto sviluppa ed accentua il suo senso di responsabilità e dovere protettivo nei confronti di un altro più bisognoso[7][8][9].

Storia

Il sistema senpai-kōhai è esistito fin dal principio della storia nazionale giapponese, ma soprattutto tre sono stati i fattori che hanno dato un forte impatto a favore del suo sviluppo: l'etica concentrata tutta sulla società che è alla base dell'insegnamento di Confucio, il sistema tradizionale della famiglia giapponese e l'antica legge riguardante il diritto civile[4].

Il confucianesimo è giunto dalla Cina tra il VI e il IX secolo d.C., ma la linea di pensiero a partire dalla quale derivò un profondo cambiamento nei rapporti interni alla società giapponese è stata quella del neo-confucianesimo, che divenne la dottrina ufficiale dello stato durante lo shogunato Tokugawa (1603-1867).

Il precetto di lealtà e pietà filiale intesa come un tributo e un omaggio (朝貢 chōkō?) domina la vita interna dell'intero Giappone in quel tempo, in quanto il rispetto per gli anziani e per gli antenati che avevano insegnato il confucianesimo cinese accolto poi dai nativi giapponesi è massimo. Queste influenze sono poi trascese anche nella vita quotidiana.

Inoltre, come altre influenze culturali provenienti dalla Cina, vennero poi adattate in modo selettivo per i bisogni interni: per esempio il senso d'equità caratteristico del confucianesimo divien fedeltà al proprio signore e lealtà nei confronti dell'imperatore[4][10].

Il concetto di ie (家?) caratteristico del sistema familiare anche confuciano e governato da rigidi codici di condotta, ha avuto una notevole influenza sulla costituzione del rapporto senpai-kōhai. All'interno d'un tal sistema il padre aveva il potere assoluto per tutto ciò che concerneva l'istituzione familiare. Il padre assume il comando perché è colui ch'è stato a sua volta educato e possiede quindi una superiore saggezza etica; deve poi tramandar tutte le sue conoscenze al figlio maschio primogenito che deve ereditare le proprietà di famiglia[10].

La riverenza ed umiltà nei confronti dei superiori è considerata una delle massime virtù nella società giapponese e primo esempio di ciò, la moglie e i figli debbono obbedire ai desideri del capofamiglia.

Ultimo tra i fattori che hanno influenzato il sistema vigente senpai-kōhai è stata la vecchia legge civile che governò l'impero a partire dal 1898, che ha rafforzato le antiche regole di privilegio ed il sistema tradizionale familiare, fornendo così una chiara definizione dei valori gerarchici all'interno dei rapporti privati interfamiliari.

Questo è stato conosciuto come Koshusei (戸主制? letteralmente "il sistema del capofamiglia") in cui il capo della casa aveva il diritto di tramandare i propri voleri al figlio maggiore che avrebbe ereditato la sua posizione all'interno della famiglia. Tali tradizioni sono state abolite legalmente a partire dal 1947, tuttavia gli ideali connessi ad esse son stati mantenuti nel corso degli anni seguenti tanto da aver un effetto duraturo sulla mentalità giapponese, influenzandone psicologicamente anche i comportamenti[10].

Suo utilizzo
In una società come quella giapponese, fortemente gerarchica da sempre, ogni rapporto fra persone è inserito in strutture ben definite e rigide. All'interno dell'istituzione scolastica queste strutture sono chiaramente visibili nelle relazioni che esistono fra studenti di età maggiore e studenti di età minore. Le studentesse fanno spesso riferimento a tutti gli studenti senior in generale come senpai.

È poi di uso comune in tutti gli sport, dai club scolastici alle squadre olimpioniche. Un altro settore della società giapponese governato da questo sistema è quello degli affari

All'interno dell'istituzione scolastica
Ed è propriamente la scuola il luogo in cui il giapponese medio crea il suo primo rapporto Kōhai/Senpai, dove viene applicato nella sua massima estensione e possibilità. Mediamente, il termine Senpai viene associato sempre agli studenti di età maggiore, quindi nell'arco scolastico, un giovane giapponese sarà sempre stato Kōhai, avrà sempre avuto dei Senpai all'inizio dei suoi studi e sarà egli stesso divenuto Senpai con il progredire degli anni, per tutti gli studenti più giovani di lui. Ad esempio, negli istituti superiori gli studenti considerati veterani mostrano aver un grande potere nella loro qualità di senpai; è comune per il kōhai svolgere vari servizi di assistenza per favorire il suo senpai.

Un tale rapporto è sempre basato sulla fiducia totale che il Kōhai prova nei riguardi del suo o dei suoi Senpai e, anche se a prima vista può non sembrare, tale rapporto implica obblighi da entrambe le parti. Se è pur vero, quindi, che il Kōhai si trova spesso a dover mantenere un comportamento eccessivamente rispettoso, nonché a dover compiere dei veri e propri lavori per il proprio Senpai, è anche vero che è compito del Senpai guidare ed istruire il proprio Kōhai, quasi come se ne fosse il mentore o addirittura un vero e proprio tutor, condividendo con lui l'esperienza acquisita con il trascorrere del tempo: aiutandolo e sostenendolo nelle varie attività sia più prettamente curricolari che extra (diventando a volte un vero e proprio confidente e consigliere "spirituale"), come meglio può.

La separazione media d'età tra un senpai e il suo kōhai è quella intercorrente tra le ultime e le prime classi d'una scuola, quindi al massimo 4-5 anni. Di fatto è sempre il ragazzo più giovane che va a scegliersi tra i più anziani un senpai, tra quelli che a suo vedere e giudizio sono più degni di fiducia e rispetto. In ambito scolastico si tiene in massimo conto sia l'età e la prestanza fisica che le abilità scolastiche, nella scelta d'un senpai: difatti le regole gerarchiche riguardanti l'anzianità tra senpai e kōhai sono del tutto analoghi al rapporto intercorrente tra sensei ed allievi, in cui il primo dev'esser rispettato sia per la sua età sia per la sua maggior esperienza, e ciò non dovrebbe mai in alcun modo venir messo in discussione[11].

All'università tuttavia si verificano notevoli cambiamenti nel rapporto, in quanto vi può esser una maggior varietà d'età tra compagni; qui generalmente il sistema s'allenta per lasciar il posto a dei semplici modi educati nei confronti dei più grandi. Qui è piuttosto nel corpo insegnante (v'è una gerarchia verticale rigidissima sulla base del rango accademico e dell'esperienza acquisita) che le regole senpai-kōhai prevalgono, piuttosto che tra gli studenti[11].

In ambito sportivo
In ogni club giapponese o scuola sportiva, come può esser ad esempio in una squadra di baseball, il kōhai è di solito chiamato a svolgere varie mansioni di servizio, anche molto umili (cambiar la biancheria, tener pulito e in ordine l'armadietto) per il suo senpai, oltre che mostrar la massima reverenza (salutando, facendo il tifo etc)[11][12]; questo nonostante il fatto che il senpai possa a volte trattar molto severamente il proprio kōhai, fino a giunger ai limiti di un'autentica "prepotenza didattoriale"[3].

Il motivo principale di questo comportamento è il fatto che un nuovo membro può diventar un buon giocatore solo se lui inizia prendendo una posizione sottomessa, che educa pertanto all'autodisciplina interiore; obbedendo e seguendo gli ordini del proprio allenatore o capitano, e solo in tal maniera che può sperar in futuro di divenire responsabile e cooperativo. Al kōhai non viene permesso di praticare attivamente lo sport fino a quando non diventa egli stesso senpai.



Diploma di laurea di un Kyu al rango di Senpai in una scuola di Karate
Al di fuori del Giappone poi il rapporto maestro-discepolo rientra solo all'interno dell'insegnamento delle arti marziali. La conoscenza tecnica e gli standard etici e morali delle arti marziali giapponesi son riunite nel concetto di budo (武道?) il quale si applica sia alle arti marziali tradizionali (quindi jūjutsu, kenjutsu, iaidō etc) allo stesso modo che alle più moderne (judo, karate, kendo, aikido). In queste ultime si applica con la più grande attenzione la graduatoria per anzianità ed esperienza, attraverso l'uso d'un differente colore nella cintura che viene utilizzata: il colore in tal caso indica il grado (il massimo è quello di "cintura nera"). Gl'intervalli di colore esistenti nelle arti marziali sono detti Kyu (級?), utilizzato per i ranghi inferiori, e dan (段?) usato per differenziare le specificità esistenti all'interno del grado di cintura nera. Il termine senpai allora si può riferire genericamente a praticanti di livello senior che detengono un più basso grado di cintura nera: essi son tenuti ad assistere il sensei nel suo insegnamento rivolto agli studenti più giovani e meno esperti, i vari kōhai[13][14].

Tra i Kyu-kōhai e i dan-senpai deve prevaler sempre un codice di condotta in cui il primo deve dimostrar rispetto e diligenza nei confronti del secondo. È sommamente importante seguir un percorso di saggezza, giustizia, verità ed impegno, e prima le si ottiene e prima il kyu può diventare membro effettivo dell'arte; mentre per il dan è un dovere assoluto quello d'insegnare con pazienza e dedizione[15][16].

Nel mondo lavorativo
L'ambiente sociale all'interno delle imprese/aziende è disciplinato da due norme inderogabili, il sistema d'anzianità e quello di lavoro a tempo indeterminato: in tutti i settori statali lo stipendio e la posizione del lavoratore sono altamente dipendenti dall'età, pertanto i più anziani si trovano generalmente a stare nelle posizioni più elevate e ricevere quindi anche una paga più sostanziosa dei loro subordinati. Il luogo di lavoro diventa una seconda famiglia, se non addirittura più importante della propria stessa famiglia[11].

Il rapporto senpai-kōhai è una pietra miliare nelle relazioni umane all'interno del mondo degli affari; ad esempio durante le riunioni importanti il dipendente di livello inferiore si deve sedere sulla sedia più vicina alla porta ed è noto come shimoza (下座? letteralmente sede inferiore) mentre il più anziano è seduto vicino ad un ospite importante in una posizione denominata kamiza (上座? letteralmente posto d'onore). Durante questi incontri la maggior parte dei dipendenti non è chiamata ad esprimere un parere, ma solamente a dare il proprio assenso alle proposte dei superiori (creando così una sorta di complicità tra il kōhai ed il suo senpai): possono esprimere proprie opinioni solo dopo averne ottenuto il consenso da parte dei più anziani ed influenti all'interno del gruppo[17].

Nella cultura di massa

I riferimenti culturali al rapporto senpai-kōhai sono presenti in moltissime produzioni artistiche giapponesi, quali romanzi, serie televisive (in special modo i dorama scolastici), ed in forma massiccia in manga ed anime[18].

Fuori dal Giappone, il romanzo Rising Sun scritto da Michael Crichton nel 1992, descrive un rapporto senpai-kōhai tra i due personaggi principali della storia: adattato come film l'anno successivo, viene interpretato da Sean Connery e Wesley Snipes

Problematiche correlate
Anche se profondamente radicato nella società, negli ultimi anni vi sono stati cambiamenti all'interno delle organizzazioni scolastiche ed aziendali, per quanto riguarda il rapporto senpai-kōhai: i giovani non sembrano ormai mostrare più molto rispetto nei confronti degli anziani, per la loro maggior esperienza. Di conseguenza anche il rapporto senpai-kōhai si è fatto più superficiale, il fattore-età ha cominciato a perdere la sua importanza; ma un cambio di mentalità è stato causato anche dal numero sempre maggiore di studenti che vanno a studiare all'estero in paesi occidentali e vi rimangono per anni, assimilando così sempre più il modo europeo o americano rispetto a quello gerarchico tradizionale giapponese[17].

Ma il crollo del vecchio sistema di gerarchia è stato molto più veloce all'interno del mondo lavorativo, dove la crisi economica degli anni '90 ha causato un alto livello di disoccupazione, includendo anche il licenziamento improvviso di dipendenti d'alto rango. Da allora le aziende hanno cominciato a considerare in primo luogo le competenze dei dipendenti piuttosto che l'età o il rispetto sociale; infine molte società hanno dovuto ristrutturare quasi da zero il proprio sistema di promozioni e stipendi, cosicché s'è generata una perdita d'influenza da parte dei più anziani all'interno della gerarchia sociale[17].
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Messaggio Da Kasumi Harukaze Dom Lug 26, 2015 11:30 pm

mizuki hai messo la sacra scritta.
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